Forme, spazi, emozioni

FORME, SPAZI, EMOZIONI

Quando l’aereo sorvola un promontorio roccioso, una duna di sabbia, o l’ansa di un fiume e perde lentamente quota per atterrare, mi sono sempre sorpresa a costruire, da un paesaggio, una immagine, a vedere nelle forme dei luoghi, delle cose, altre forme, antropomorfe, zoomorfe, quasi a conferma di un nostro bisogno di dare a un paesaggio, uno scorcio di costa, un molo di sassi che si allunga nel mare, un’anatomia, un’anima.
Se parto da questa banale esperienza e rivivo la bellezza e la “finitezza” di questa emozione comprendo, o meglio intuisco, un aspetto del lavoro artistico di Lucio Perna, della sua “geografia emozionale”, non solo una corrente di ricerca, una costruzione teorica nella quale egli si riconosce, fin dagli esordi del suo percorso, ma uno stimolo, l’assunzione di un punto di vista che lo ha portato negli anni a muoversi in territori lontani, là dove lo scenario grandioso della natura intercetta profonde emozioni e confonde le culture senza scalfirne le forti identità che entrano in gioco.
Un tempo artisti e scritori andavano a nord, al mare Proust andava a nord; con Matisse e Picasso si è cominciato ad andare nella luce del Mediterraneo. Lucio Perna, viaggiatore costante, nelle sue parole spesso ricorre il riferimento ai territori al sud del mondo, si è spinto lontano, non solo là dove la natura estrema lo chiama, ma anche nelle aree che circondano le megalopoli sudamericane, le “bidonville”, dove l’artista ha colto quelle forme di riscatto che
configurano una diversa geografia umana
La realtà recepita dal suo sentire interiore viene rivissuta attraverso l’espressione artistica: nelle carte, supporto prediletto dei suoi quadri, indipendentemente dalla materia pittorica e dal percorso compiuto, si possono leggere i forti elementi della composizione, che si equivalgono senza nulla togliere al peso specifico di ciascuno.
Sono tappe di una ricerca geometrica costante, che passa da un sentimento a uno stato di conoscenza, che dura nel tempo proprio perchè si costruisce sull’incontro con le emozioni.
Ci confrontiamo così con immagini astratte, frutto di un lavoro mentale riflessivo e irruente, mai statico, teso a creare un equilibrio rigoroso, carico di implicazioni simboliche ed espressive, perfetto come può essere l’equilibrio del deserto, perfetto come il tracciato su cui muovono i passi del tango.
In questa direzione mi pare l’artista abbia intuito e orientato il suo talento.
Milano, luglio 2009 Cristina Rossi