Segno, Simbolo, Sintassi

ELENA STRADA, LUCIO PERNA, ANTONIO PIZZOLANTE

Data:26 giugno – 29 agosto 2010
Sede:Maccagno, Civico Museo Parisi-Valle, via Leopoldo
Giampaolo 1
Patrocinio:Regione Lombardia, Provincia di Varese e Provincia
di Mantova
Collaborazione:Ad Acta, Comune di Maccagno e Civico Museo
Parisi-Valle

Inaugurazione 3 luglio ore 18.00

Nel 2009, con la mostra “Allegorie della scrittura – Mario De Leo,
Raffaele Penna, Grazia Ribaudo”, il Museo ha sperimentato la
collaborazione con la Galleria ErrepiArte di Mantova e la
partecipazione all’ambito collaterale del Festival della Letteratura
che annualmente si tiene a Mantova all’inizio di settembre.
L’ottima esperienza e il grande riscontro di pubblico ottenuto in
quell’occasione inducono oggi a rinnovare il progetto mantenendo
inalterato un rapporto non solo ideale con la scrittura e con il
tema del Festival.
Questa mostra esordisce ora a Maccagno e verrà riproposta a Mantova
alla vigilia della grande rassegna letteraria condividendone il
fermento, l’intensità di dibattito e la vivacità culturale.
Una forma di collaborazione agile, motivata dal desiderio di
ampliare il raggio di azione e favorire la diffusione dei progetti
nella condivisione dei costi, capace di collegare nel Patrocinio
Istituzioni geograficamente lontane.
Un modo concreto per “fare sistema”, concetto predicato spesso e
frequentemente disatteso.
“Segno, simbolo, sintassi – Elena Strada, Lucio Perna, Antonio
Pizzolante” si propone nella continuità programmatica del Civico
Museo di Maccagno mirando ancora una volta all’approfondimento dei
linguaggi della Contemporaneità e, come attori chiamati in scena,
invita tre artisti a interpretare il soggetto.
Il segno spontaneo e perentorio di Elena Strada riecheggia gli
albori dei graffiti rupestri, la prima traccia della parola incisa.
Scava nel tempo e percorre il quadro come venatura sottile o
spartito dell’emozione.
La visione di Lucio Perna è prospettiva di lettura dell’infinito,
mappa geografica di proiezione alla scoperta dello spazio
esistenziale, simbolo di percorso, memoria e immedesimazione. Una
pergamena antesignana di intimo diario.
La struttura composita di Antonio Pizzolante racchiude il tempo:
radici, sedimenti, reliquie.
Aleggia la trasparenza del presente ma prorompono le voci
dell’antico. È sintassi di terra sacra, di gente umile, di cori e
canti di fede.
Personalità distinte nella formazione, nella poetica e
nell’intonazione ma insieme accendono un dialogo intenso animato da
rimandi, riferimenti e raffronti. Ognuno di loro dispone saldamente
di doti tecniche e linguistiche e potrebbe essere interprete unico
del tema “segno, simbolo, sintassi” ma la coralità di lettura
accentua i valori formali ed evidenzia la suggestione dei
contenuti.Pittura e materia si dispongono in scena come pagine
aperte, motivo di percorso o viaggio percettivo, suggerendo la
parola nella risposta emotiva.
E il pubblico può salire in palcoscenico e, nella dialettica delle
opere a confronto, fare propria la sceneggiatura.

La presentazione della mostra è affidata ai critici d’arte Paola
Artoni e Claudio Rizzi, autori anche dei saggi pubblicati nel
catalogo edito da Silvia Editrice.

Testo in catalogo di Claudio Rizzi:

Segno, Simbolo, Sintassi

Come in un atto teatrale, tre attori interpretano il soggetto.
Il linguaggio dell’arte, partendo dall’epoca moderna e attraversando
il ‘900, ha compiuto una magnifica evoluzione. Talvolta appare come
rivoluzione o anarchico stravolgimento di canoni inflessibili.
Invece si tratta di una linea coerente in logica sequenzialità.
Il linguaggio parlato e scritto, fondamento della più aulica
letteratura, ha seguito un percorso parallelo ma nella quotidianità
di utilizzo e nella strumentalità di comunicazione ha riscontrato
maggiore confidenza pur dissimulando la reale comprensione dei
motivi. Al contrario, l’arte contemporanea, per vasti strati di
pubblico, risulta ancora enigmatica, imperscrutabile se non assurda.
La parola ha vissuto una prospettiva di semplificazione lessicale e
di pensiero tesa all’immediatezza nella coesione popolare. Un
processo di impoverimento incurante del declino e perpetrato
nell’apparenza di adesione al vero, contaminato da mode ed effetti
speciali all’insegna di una omologazione generica e impersonale.
L’arte ha tracciato una rotta opposta: dalla sudditanza ai dettati
prestabiliti è transitata alla piena autonomia espressiva
liberandosi dal debito narrativo verso l’oggettività e affrontando i
territori emotivi della soggettività.
Parola e immagine, lettere e arti visive, hanno sempre intrecciato
intensa complementarità, reciprocità di riferimento e sostegno,
celebrazione dei rispettivi contenuti nel ritrarre le voci della
Storia come nella documentazione dei valori artistici.
Un cammino parallelo, talvolta condiviso in grande passione nella
dialettica di alti ideali e nel dibattito intorno all’estetica.
Vasi comunicanti nell’affinità di intenti e talora nella
trasposizione dei ruoli. La scrittura che delinea e dipinge la
figura letteraria e, d’altro canto, pittura e scultura che evocano
la memoria e liberano la poesia.
Tanto più oggi, nell’epoca tecnologica, nell’arduo equilibrio tra
elogio del progresso e sfrenata pratica dell’eccesso, la parola e
l’arte riaccendono i valori dell’intelletto e ne rivendicano il
ruolo.
La letteratura ha coadiuvato l’arte quando la divulgazione
dell’immagine era invalicabile ostacolo. In epoca contemporanea, e
non di rado, la pittura ha adottato la parola riconoscendone non
solo il valore di simbolo ma di essenza.
E se la scrittura patisce nella prassi sincopata degli sms e delle
e-mail, la pittura la soccorre, ne recupera l’anima e le restituisce
statura congenita.
Perché agli albori dell’umanità tutto nasce insieme: il segno è
simbolo e diviene parola e concetto.
Il disegno è figura e determina la comunicazione. Con la definizione
del pensiero interviene la sintassi ed attua la struttura espressiva
che assume forma come chiarezza di immagine.
Segno simbolo e sintassi calcano la scena oggi come pietre miliari
dell’umanità, lunga linea di raccordo che conduce dalla scoperta del
mondo alla contemporaneità.
Il gesto musicale di Elena Strada riecheggia il tratto dei graffiti
rupestri, prima traccia della parola incisa. Un segno spontaneo e
perentorio che scava nel tempo e percorre il quadro come venatura
sottile o spartito dell’emozione. Un’architettura della forma a
delineare i campi del sentimento spesso autoreferente.
La visione di Lucio Perna è prospettiva di lettura dell’infinito,
mappa geografica dello spazio esistenziale, territorio di viaggio,
memoria e immedesimazione. Una pergamena antesignana di intimo
diario per testimoniare il mondo nell’attimo della percezione. Un
macrocosmo di fascino e d’ignoto che diviene luogo dell’animo nella
tensione d’ascolto.
La struttura composita di Antonio Pizzolante racchiude il tempo:
radici, sedimenti, reliquie. Aleggia la trasparenza del presente ma
prorompono le voci dell’antico.
La libertà poetica si coniuga all’evocazione del valore oggettivo,
del vissuto universale. Risuonano brani di terra sacra, di gente
umile, di cori e canti di fede.
Personalità distinte, dotate di cospicuo patrimonio espressivo,
singolarmente artefici di un mondo poetico che non soffre
subalternità e non necessita di correlati complementari.
Il deserto di Lucio Perna è la tabula rasa ove scrivere le gesta, le
leggi e le colpe dell’uomo, pagina immensa di passato e futuro,
giorni bianchi e giorni neri, annali, fasti e baratri. L’orizzonte è
la meta, l’illusione miraggio e il cammino senza approdo.
La manualità di Antonio Pizzolante reincarna il mito antico del
Demiurgo capace di innalzare la sfera umana all’Olimpo, recupera,
reintegra e nobilita. Tramuta l’oggetto in personaggio, gloria e
pietas, regala un’anima e attribuisce un’altra dimensione.
L’improvvisa apparizione dell’immagine in Elena Strada è balenio
della consapevolezza, dialogo tra segreti dell’animo e
manifestazione del reale, tensioni contrapposte e affioramento di
sensi. Inattesa rivelazione del vero e profonda conquista.
Identità definite e mature nelle proprie prerogative: il paesaggio
interiore e la percezione emotiva in Elena Strada, il richiamo
d’oltre limite o tentazione di Ulisse in Lucio Perna, lo scrigno dei
reperti come sapori del tempo in Antonio Pizzolante.
Benché distanti nei singoli caratteri, poste a raffronto nella
dinamica espositiva, le opere dialogano instaurando rapporti e
rimandi, riferimenti e inattese attinenze. Sono testi autobiografici
e pagine di introspezione, metaforicamente autoritratti.
L’attimo di percezione intensa, stupore della scoperta e sgomento
domato per Elena Strada; la magia dell’orizzonte, richiamo di
fascino imperativo in Lucio Perna; la sedimentazione della memoria
nel cammino dell’umanità in Antonio Pizzolante.
Apparentemente lontani, i temi convergono tutti nell’intensità di
focalizzazione. Mostrano equivalenza di sensibilità e indicano
comunque un paesaggio: dell’anima, dell’attesa o del tempo.
Liberi da ogni vincolo narrativo, attingono all’inchiostro della
verità interiore e in questo denominatore comune si stagliano punti
di contatto e tessiture di avvicinamento.
Perché le ottiche non sono compartimenti stagni ma oasi di
riflessione ove confluiscono conoscenza, rispetto e reciprocità.
Forse Strada, sedimentata la meraviglia dell’istante, affronterà il
percorso dell’universo e Perna, al tramonto di un deserto, ritroverà
traccia d’antico e scrigno del tempo, mentre Pizzolante riconoscerà
nelle vene dell’ulivo secolare il candore di un attimo improvviso.
Una licenza di fantasia, visionaria trasposizione di ruoli, per
immaginare l’infinito nell’incanto della suggestione.

Claudio Rizzi