Le arti figurative e per quel che mi riguarda, la pittura, non hanno mai provocato rivoluzioni. Questo mi pare un fatto certo.
La storia dell’arte insegna che i grandi mutamenti di pensiero hanno condizionato l’arte e mai viceversa; che altri settori della conoscenza ( scienza, filosofia ecc.) hanno fatto da propulsore, da motore per nuove forme espressive, poi adottate anche dalle arti visive .
Il linguaggio dell’arte, inteso come strumento al servizio della conoscenza, ( K.FIEDLER) è un linguaggio “minore” rispetto ad altre manifestazioni del pensiero.
Questa riflessione mi porta a considerare che intorno alle arti visive sono state costruite teorie talvolta fuorvianti al contributo di “conoscenza” del quale esse sono potenzialmente capaci.
Una riconsiderazione del problema estetico mi sembra oggi più che mai necessaria.
Il momento creativo ed il momento della fruizione dell’opera ( d’arte ) sono informati a differenti concetti estetici. Anzi , credo, che il concetto estetico subisca una mutazione nel divenire dell’opera.
L’artista, infatti ? sempre alla ricerca di un contenuto e di un linguaggio per esprimere la propria poetica e per offrire il messaggio che con l’opera intende dare.
L’opera realizzata acquista per una propria autonomia quasi una indipendenza dal suo autore e si offre al pubblico con un nuovo , diverso concetto estetico : incentrato prima di tutto sulla godibilit?.
La prima cosa infatti che il “fruitore” individua dell’opera, attraverso il senso visivo, è una dimensione di godibilità ,di piacevolezza , o il suo contrario, provocata da molteplici fattori concorrenti e tutti soggettivi. Chiameremo questo momento “suggestivo”(solo in un secondo momento semmai – momento riflessivo- subentrer) la ricerca del messaggio contenuto nell’opera ;e non è detto che il messaggio recepito si identifichi con il messaggio lanciato).
Se questa è una premessa giusta, l’oggettività interpretativa risulta teoria imperfetta applicata all’arte come a tutti i campi extrascientifici : infatti l’arte non è scienza ma esattamente il contrario di essa.
L’artista deve tenere conto di questa dicotomia estetica ?
Immediatamente vorremmo rispondere in senso negativo in quanto l’artista, per definizione , attende al “momento creativo” ed è? indifferente al “momento ricettivo”.
Ma tale indifferenza non puà essere assoluta o meglio: ben difficilmente e assoluta. Non lo è tutte le volte che l’artista non si limita a caricare di significato la sua opera come fine a se stesso ma vuole, con essa, trasmettere un preciso messaggio; vuole comunicare.
La sua partecipazione all’opera non può limitarsi in tal caso al solo momento creativo confidando passivamente nella comprensione altrui, ma deve partecipare o influenzare il momento suggestivo dell’osservatore per provocare l’interesse che, attraverso il momento riflessivo, potrà creare simbiosi tra autore e fruitore dell’opera
Per raggiungere tale risultato non ha che una strada da seguire: attirare l’interesse sulla propria opera sollecitando il senso visivo o la curiosit? dell’osservatore il quale al primo impatto con l’opera è spontaneamente portato a lasciarsi guidare dal concetto estetico del secondo tipo.
Dunque l’artista che intenda divulgare la propria opera deve trovare un fattore di sintesi per superare la dicotomia estetica di cui sopra parlavo.
Da ARTECULTURA dicembre 1997