E’ mia ferma convinzione che l’arte deve sempre confrontarsi con la realtà del
proprio tempo ed assolvere ad una funzione cognitiva attraverso critica,
memoria, cultura per non tradire la sua funzione e per non perdere ogni
connotato intellettuale che la ridurrebbe a mera espressione di stile.
L’Arte in quanto momento culturale, è sempre specchio del suo tempo che spesso ne anticipa le trasformazioni perché con anticipo ne individua le sofferenze.
Ma vi è una costante imprescindibile: in ogni tempo, in ogni corrente avanguardista il fulcro centrale è sempre stato la libertà di espressione : l’arte è allo stesso tempo strumento e luogo di libertà intellettuale. Strumento di indagine e conoscenza impiegato per individuare di volta in volta nuovi confini in una geografia non più e non solo fisica ma psicologicamente, culturalmente ed emozionalmente aderente all’esigenza di una nuova libera spazialità.
Essa è espressione dell’atteggiamento dell’artista verso il mondo e l’atto artistico è atto conoscitivo, anzi addirittura intuitivo, secondo l’insegnamento estetico di Benedetto Croce.
Nella mia ricerca artistica mi sono sovente occupato di taluni problemi della società.
In particolare dei mutamenti, più o meno lenti, più o meno percepibili, che le civiltà occidentali in particolare, hanno subito e ancora stanno subendo per effetto di inesorabili cambiamenti dovuti in larga misura a fenomeni che, inaspettatamente, hanno finito con l’essere interconnessi.
– Il fenomeno, che con un termine non gradevole ed alquanto abusato , è stato definito “ globalizzazione “; che ha interessato tanto il nord del mondo (paesi industrializzati e sviluppati ) quanto il sud del mondo ( paesi poveri e non sviluppati) e che riguarda vari aspetti in grado di condizionare la vita delle persone in positivo ma anche in negativo: quello economico, quello sociale, quello culturale.
– Il massiccio fenomeno “migratorio”, che interessa in particolar modo tutto il mondo occidentale e che determina contaminazioni culturali, di costume, di orientamento religioso, morale, emozionale;
– Il fenomeno delle “innovazioni tecnologiche” che già dall’ultimo decennio del passato secolo ed ancora di più in questo primo ventennio del nuovo secolo, ha impresso un’accelerazione impetuosa ad ogni mutamento in corso.
Quest’ultimo aspetto è, allo stesso tempo, il più intrigante ed anche il più insidioso ai fini della ricerca artistica perché destabilizzante almeno per l’operatore d’arte che ha svolto il suo percorso a cavallo del cambio di secolo.
All’improvviso ci si è resi conto di essere stati defraudati di un enorme valore emozionale a causa dei tre fenomeni concomitanti ai quali ho appena accennato.
Si è eclissato il valore dell’investimento.
Quel valore cioè che alimenta il piacere della programmazione, il lento crescere
dell’entusiasmo, la conquista..
Prima dell’avvento prepotente di internet e quindi della facilità di connessione globale in ogni campo, il percorso verso ogni nuova scoperta richiedeva certamente l’informazione ma soprattutto la programmazione talvolta minuziosa, per arrivare alla realizzazione del fine che acquisiva valore di conquista emozionale.
L’investimento era costituito dal tempo richiesto per programmare che diventava piacere di programmare, dall’entusiasmo nel realizzare, dalla gioia del conquistare il valore individuato e perseguito.
Tutto ciò è ormai perso perché, di fatto, superato dalla velocità con la quale si può raggiungere il risultato finale, saltando i passaggio intermedi, collegandosi alla rete.
Si determina insomma una specie di raffreddamento dell’eccitazione a tutti i livelli della nostra cultura che ha che vedere proprio con l’idea di “investimento”.
Qualche esempio sarà utile per meglio chiarire il concetto che può apparire
criptico.
Quando nel 1990, in occasione del centenario della morte di Van Gogh,
l’Olanda ha organizzato una grande mostra ad Amsterdam e ad Otterlo per
onorare il suo artista, folle di visitatori dovettero programmare la trasferta in
Olanda, il soggiorno e prenotare la visita alla mostre con congruo anticipo.
Dedicare il proprio tempo a quella spedizione, investendo una certa quantità di
impegno e di attenzione ha determinato una buona dose di eccitazione ed
attribuito maggiore potenza al piacere della visita alla mostra
rimasta memorabile proprio per effetto dell’impegno investito e
dell’attenzione. L’interesse nel godersi l’esperienza è stato più radicato per via di
quell’investimento.
Non è stato altrettanto emozionante nel 2015 visitare le mostre organizzate per
il 125° anniversario dalla morte dell’Artista, quando si è potuto agevolmente
farlo premendo alcuni tasti del proprio computer.
Si è verificato in questa seconda occasione un raffreddamento
dell’eccitazione per mancanza di “ investimento “.
Quest’esempio vale per ogni aspetto della cultura .
Se tutto è a disposizione senza alcuno sforzo o narrazione , l’emozione risulta
automaticamente appiattita perché è mutata, e talvolta si annullata, la nostra
esperienza di attesa.
L’ ardore dell’era analogica nel perseguire una conquista , un risultato, non è più
lo stesso nell’era digitale.
Si è verificato un mutamento profondo e forse irreversibile in quella parte della
società – che è maggioritaria- più avvezza a considerare “ usa e getta “ tutto ciò
che è a portata di mano o di computer.
La ricerca alla quale da qualche anno lavoro muove dall’osservazione del modo di vivere quotidiano sotto l’effetto dei fenomeni ai quali ho sopra accennato e dal confronto degli stessi comuni comportamenti con il ricordo di quanto avveniva in un passato relativamente recente.
“ Città surrogate “ , come ho precisato in altre circostanze, non è rappresentazione iconografica e non attiene all’aspetto geo-topografico delle città bensì alla loro composizione socio- culturale.
Vuole essere rappresentazione dei mutamenti che sono in corso nella società e che portano lentamente ma inesorabilmente verso l’instaurazione di nuovi modi di agire, di pensare,di comportarsi, parametri di cambiamento del costume che saranno evidenti ed universalmente percepibili solo quando il momento storico sarà contemplabile in prospettiva e quindi quando il fenomeno sarà ormai consolidato e concluso.
La mia indagine sui cambiamenti della società per effetto dei fenomeni sopra citati e della “globalizzazione” in particolare, ha avuto drammatico riscontro nel momento in cui si è propagata l’epidemia ( divenuta pandemia ) del “covid 19” che ha reso di grande evidenza il rapporto causa-effetto di un ineludibile fenomeno che interessa il Pianeta nella sua interezza.
Non mi consola essere stato premonitore ma provo gratificante avere conferma di un principio nel quale, da artista, credo fermamente: una società ideale ha la necessità di esplorare le ragioni dei propri mutamenti per valutarli nella loro giusta portata e per sviluppare un giudizio critico sia esso affermativo o negativo.
L’artista, dal canto suo, che della società è parte, realizza la sua opera nel vero senso della contemporaneità se è capace di intuire con anticipo, individuare, denunciare.
L’opera, raggiunge il suo scopo ed assolve pienamente alla sua funzione estetica se è capace di trasmettere il messaggio che ad essa l’artista affida.
La funzione è assolta se e quando l’osservatore sarà sensibilizzato e stimolato a riflettere sul tema che l’opera propone.