La grande pittura seduce senza prepotenza. La grande pittura si riconosce per la carica di emozioni che trasmette, per il senso di conquista che esercita sull’osservatore sensibile. All’emozione si accompagna un senso di disagio quando ci si rende conto che per strane ed inspiegabili ragioni, si è scoperto l’artista autore di una grande pittura in ritardo,con troppo colpevole ritardo. Proprio questo è capitato a me con William Congdon. Ho scoperto questo straordinario artista solo da pochi anni. Quando Milano gli ha dedicato una mostra, allestita a ” Palazzo Reale”. L’entusiasmo di quella scoperta ? rimasto vivo ed ha sensibilmente influenzato, non ho difficolt? ad ammetterlo, una parte della mia stessa ricerca artistica. Non mi sono fatto sfuggire, quindi, l’opportunit? di rivedere o vedere tutto insieme un cospicuo numero di opere presentate nella bellissima “antologica”, dedicata all’Artista dalla citt? di Faenza, allestita al Palazzo delle Esposizioni con una collaterale mostra al Circolo degli Artisti della stessa Citt?. Della rassegna ha gi? dato notizia questa rivista nel fascicolo ” febbbraio 1996″ con nota di Franco Passoni. Non mi soffermer? pertanto sulla biografia di Congdon, la cui storia personale, umana ed artistica, ? tuttavia fortemente appassionante; preferisco esporre piuttosto, una ipotesi, opinione molto personale sulla poetica dell’Artista, che sono venuto formandomi attraverso una attenta considerazione delle opere e, per quanto possibile, aiutato dalle informazioni ricavabili dalle biografie ufficiali. C’è un momento a mio avviso in cui Congdon smette di interessarsi all’uomo nella sua dimensione naturale e rinuncia a rappresentare tanto la figura umana quanto le cose temporali che la circondano: la casa , gli oggetti, lo spazio limitato. E’ molto pi? interessato: all’uomo come entit? pensante; all’energia pensante che ? nell’uomo ed alla dimensione di questa forza. E’ il momento del grande salto di qualit?. La produzione artistica, almeno nell’ultimo ventennio, si indirizza verso una ricerca sullo spazio-tempo come dimensione del pensiero . Il dilemma se la forza,l’energia pensante dell’uomo sia solo parte di una infinitamente pi? grande energia universale o se invece si identifica in tutto con essa ? risolto con la rappresentazione artistica della quale Congdon ? capace. Egli perviene ad una soluzione unitaria perch? per lui esiste un solo modo di rappresentare questa energia: prescindendo dall’uomo nella sua dimensione temporale e rivolgendo l’attenzione alla dimensione spirituale ed universale fatta di spazio e tempo insieme ma senza confini visibili Infatti anche nella ossessiva ripetizione del tema della “Crocifissione” ( simbolo catartico) il Cristo non ? raffigurato con sembianze umane ma espresso come un improbabile paesaggio ( si osservi ad esempio l’opera “Crocifissione 46 del 1969 ) e come i tanti altri bellissimi paesaggi , ? momento emotivo, segno di forza, simbolo dell’energia del pensiero . Ogni quadro di Congdon ? un frammento senza margini di acute intuizioni, di sognanti abbandoni, descritti con morbida matericit?. Le sue opere, soprattutto le recenti, rappresentano momenti di una ricerca simultanea sulla dimensione spirituale spazio-tempo che, prescindendo dalla dimensione fisica puntano totalmente sulla dimensione interiore del pensiero che non ha limiti fisici di alcun tipo. L’aspetto iconografico ? del tutto marginale e Congdon lo utilizza solo come mezzo per trasmettere il suo messaggio . Più incisivo e determinante risulta il modo in cui egli tratta la materia che, sebbene martoriata nell’opera di stesura sulla tavola o sulla tela, acquista un effetto finale di energica e coinvolgente energia e per incanto ogni segno , ogni squarcio nel colore acquista valenza lirica. Da queste considerazioni ricavo una personale modesta opinione: Congdon , formatosi artisticamente negli anni immediatamente posteriori al secondo conflitto mondiale, sembra pi? sensibile allo spirito artistico europeo di quegli anni che ai principi dell’ ? Action painting? o espressionismo astratto, corrente artistica genuinamente statunitense, alla quale viene associato. Certamente Congdon ? l’artista pi? intenso e moderno fra quelli formatisi alla ?Scuola di New York?. Avere avvertito prepotentemente l’esigenza di raffigurare la dimensione temporale lo avvicina a Fontana che ha posto il problema della dimensione temporale, appunto, come quarta dimensione. Lucio Fontana ha svolto la propria ricerca utilizzando la tridimensionalit? (fisica), Congdon pu? farne a meno e supera il limite affidandosi alla sua forza riflessiva. Mi si potrà obiettare che questa mia ipotesi invade la sfera filosofica pi? che riguardare l’ambito dell’arte di Congdon. Ogni vero artista utilizza una propria teoria nel fare arte o pi? propriamente un proprio linguaggio estetico che ? allo stesso tempo risultato e strumento delle sue convinzioni, riflessioni e ricerche. Ma l’artista non ha bisogno, come il filosofo di arrivare ad una speculazione completa, di completare un concetto filosofico. Questo in arte non ? assolutamente importante. E’ sufficiente ma essenziale l’intuizione che conduce l’artista a concepire e creare una particolare forma di espressione con la quale trasmettere l’intuizione stessa. Cos? l’opera contribuisce allo sviluppo della conoscenza e diviene opera d’arte. In questo senso mi sento di condividere l’opinione di Konrad Fiedler il quale ha affermato: ? l’opera d’arte non contiene un’idea, ? essa stessa un’idea?. L’opera di William Congdon ? un’idea feconda e molto stimolante. 6 febbraio 1996. Lucio Perna |