l futuro dell’arte ? solo nella tecnologia?
La domanda mi pare legittima a giudicare da ci? che sempre pi? spesso ci ? dato di vedere nelle manifestazioni internazionali pi? prestigiose.
Circa la risposta ho qualche perplessit?. Forse pi? di collocazione che di qualificazione.
Perplessit? alimentate da considerazioni estetico-culturali.
Mi chiedo se vi sia davvero interazione tra tecnologia ed estetica e se la simbiosi macchina uomo possa produrre l’opera d’arte (l’americano Bill Viola, presente e con personal notevole successo all’ultima edizione della Biennale di Venezia, propone tale connubio in modo ossessivo), come risultato artistico autonomo della ricerca nell’ambito delle arti figurative. Oppure se l’alta tecnologia (elettronica, computer, video, videografie, tecnologie televisive applicate al computer ecc.) nonostante l’enorme dispiego di risorse, non finisca col fornire, applicata all’arte, solo una misera parodia della societ? dei consumi senza provocare effetti rivoluzionari sul piano estetico o di qualche rilevanza sul piano culturale.
Mi rendo ben conto che queste mie perplessit? non sono difformi dagli interrogativi che proposero a met? degli anni cinquanta le prime manifestazioni della ?POP ART? o, anni prima e per altre ragioni,dell’Espressionismo.
L’una e l’altra sono oggi universalmente riconosciute e consacrate come grandi correnti artistiche. Nonostante per esse fosse stata pronosticata breve vita e, nel caso dell’espressionismo, fosse stata coniata la definizione di ?arte degenerata?.
Pertanto un giudizio affrettato sull’arte tecnologica non sarebbe giusto n? prudente.
Sono pure convinto che la storia dell’arte non potr? fare a meno di registrare questo fenomeno non foss’altro che per la prepotenza con la quale viene proposto , per l’attualit? della problematica collegata ad ogni forma di comunicazione e per i sempre pi? sofisticati mezzi impiegati.
Occorre allora forse verificare se culturalmente ed esteticamente questa tendenza contiene in s? i connotati dell’originalit? e se rappresenti od abbia le potenziali per rappresentare nuove dimensioni, nuovi confini, nuovi linguaggi, nella ricerca artistica.
Ho la sensazione che il carattere culturale di questa forma artistica manchi di originalit?. Il dibattito sul valore delle immagini in una societ? massificata e consumista ? gi? stato ampiamente sviluppato: dalla ?POP ? ART? americana del primo momento la quale mantenne verso il fenomeno sociale rappresentato un atteggiamento acritico e documentale; dalle manifestazioni pi? critiche e di vera denuncia assunte dalla corrente con gli artisti europei; dall’arte concettuale nelle sue manifestazioni oggettuali e pop.
Il ?video?, d’altra parte, ? oggi tra i mezzi pi? potenti per le riproduzioni di massa. La sua utilizzazione ? un mezzo nuovo per porre problemi ed affrontare argomenti gi? presenti prepotentemente in anteriori indirizzi artistici.
Sotto questo aspetto non mi pare di cogliere o riscontrare nell’arte tecnologica temi originali. Se ci fermassimo qui nulla consentirebbe di apprezzare pi? che come epigoni di forme d’arte gi? sperimentate gli artisti che la praticano.
Certo le tecnologie sempre pi? avanzate e sofisticate consentono risultati talvolta straordinari. Ma proprio la grande difficolt? per questa forma artistica di sfuggire al cappio dei meri effetti fa sorgere il sospetto che la giusta collocazione da assegnare all’arte tecnologica sia nell’ambito delle arti applicate mentre starebbe con alquanto disagio fra le arti figurative.
Si sostiene infatti da qualcuno che l’opera artistica sarebbe gi? compiuta nel mezzo tecnologico ed il resto non ? che un’applicazione che non consente di mutare le funzionalit? primarie per le quali il mezzo stesso sarebbe stato concepito.
Questo ragionamento mi pare per? incompleto.
E’ certamente vero che con l’arte tecnologica non si ripete quanto realizzato dal DADAISMO all’inizio di questo secolo con le opere ?ready-made? di Duchamp. L? il rifiuto della tecnica artistica tradizionale viene manifestato con la ?reinvenzione? dell’oggetto che perde la sua originaria funzione per assumerne una totalmente nuova nell’ambito e con fine di una forte critica di carattere sociale. L’arte tecnologica, al contrario, utilizza la macchina, lo strumento tecnologico esattamente con la funzione per la quale esso ? stato ideato e realizzato.
Si potrebbe quindi obiettare che il principio ?attivit? artistica come forma di ragionamento? (R. Arnheim) ? gi? completa ed interamente realizzata nello strumento tecnologico applicato che produce uno o tanti effetti dei quali esso ? capace mentre il contributo dell’artista ? solo marginale.
L’immagine che il mezzo tecnico produce finisce col sopraffare il suo creatore.
Questa teoria contiene, a mio avviso, un errore in partenza. Si giudica muovendo dal mezzo di produzione artistica e si trascura il prodotto, l’opera. Vale la pena di valutare invece se il ragionamento appena esposto possa essere ripetuto sotto un profilo estetico. E qui non intendo riferirmi, evidentemente, all’estetica pura i cui precetti potrebbero servire solo in quanto le opere eseguite con l’impiego di mezzi tecnologici servono o sono volute a fini decorativi, cosa che non mi parrebbe possibile, ma all’estetica speculativa, al significato, al contenuto dell’arte tecnologica, per verificare la ricorrenza di una qualche armonia tra forma e contenuto che abbia una legittimazione estetica.
I termini del ragionamento andranno cos? spostati: dal mezzo al prodotto.
Gli artisti, che praticano l’arte tecnologica con uniformit? di indirizzo, che lo stesso mezzo usato impone, sembrano ispirati alla ?poetica dell’indifferenza?. Le loro opere sono pure registrazioni, talvolta indistinte, dello scorrimento della vita quotidiana in un tempo reale. In un tempo non narrativo legato pi? che altro al concetto di memoria. Ma memoria non come ricordo, senza coinvolgimento sentimentale, ma solo come indifferente registrazione.
Questo accade per la ?video art?. Gli artisti utilizzano immagini reali colte in tempo reale. La dimensione temporale ? il fatto nuovo, l’intuizione nuova di un linguaggio originale. Per gli artisti della ?computer art?, che ricorrono alla ?realt? virtuale?, la poetica dell’indifferenza si propone per effetto dell’impersonalit? elettronica che pu? fare a meno della presenza umana; sostituita anzi della macchina la quale riproduce immagini indifferenti.
Qual’? dunque l’originalità del linguaggio?
Se il video espone con l’indifferenza immagini registrate in un tempo reale ed ? capace di ripetere e riprodurre quelle stesse immagini infinitamente con meccanica e fredda precisione, l’occhio che guarda non ? insensibile e non pu? non prendere coscienza non solo del tempo ma del rappresentato che quel tempo evidenzia.
In tale contesto e con tale funzione la tecnologia ? strumento capace di produrre immagini carche di significato che diventano mezzo per lo sviluppo della conoscenza intuitiva che ? l’essenza dell’arte.
La conclusione alle quale mi pare di poter giungere ? che l’arte tecnologica, nonostante abbia mutuato taluni contenuti culturali da forme artistiche che l’hanno proceduta, propone un nuovo punto di vista ed un proprio originale linguaggio capace di contribuire allo sviluppo della conoscenza.
Tutto ci? non vuol dire che il futuro dell’arte sia tutto nella tecnologia. Una forma di linguaggio, per quanto originale, non potr? mai esaurire ogni forma di espressione artistica.

Lucio Perna

Da “Artecultura” – Febbraio 1996